Entriamo nella fase cruciale della campagna elettorale per le regionali e la matassa comincia a sbrogliarsi. Claudio Burlando, incassato l’appoggio non scontato dell’Unione di Centro, potrebbe ora avere (almeno a dar retta ai più accreditati sondaggi) le carte in regola per racimolare il sospirato 50% più uno. È tutto da verificare, però, che lo spostamento a sinistra dello scudocrociato di Rosario Monteleone possa realizzarsi senza pagare lo scotto di alcun pegno elettorale. E comunque l’ennesima, esanime riedizione della “politica dei due forni” (UDC in coalizione con il centrosinistra o con il centrodestra a seconda delle opportunità e delle evenienze) non è esattamente quanto sarebbe lecito attendersi da un bipolarismo maturo. Ed è fuori da ogni logica che un partitino del 5% sia in grado di esercitare un tale potere di interdizione e di condizionamento nei confronti dei due schieramenti in lizza.
Un Partito Democratico che rinunci alla dottrina veltroniana della “vocazione maggioritaria” e si dia a rincorrere il seducente ma oscillante Casini, è un partito allo stremo delle forze. Con che coerenza il Pd, che a Strasburgo siede negli scranni del Partito Socialista Europeo, si allea in Italia con l’Udc, movimento cattolico conservatore, parte integrante, in Europa, del Partito Popolare, in buona compagnia – peraltro – dei rappresentanti dell’esecrato PDL? Onestamente, le secche obiezioni avanzate ai vertici dell’Udc dal presidente delle società operaie cattoliche liguri, Guido Garri, sono tutt’altro che campate per aria. È davvero possibile una convergenza programmatica che non sia solo il paravento atto a nascondere l’inconfessabile realtà di un’ansiosa salvaguardia di interessi e di acquisiste rendite di posizione, insieme alla fremente ricerca di convenienze d’apparato? Chi lo sa, in amore, in guerra e in politica, com’è noto, tutto è lecito.
Il centrodestra locale inanella a Bavari un eccezionale successo: la candidatura al Consiglio Regionale dell’imprenditore edile Andrea Cevasco nella lista civica di Sandro Biasotti. Se questo paese assumesse una volta tanto una dose omeopatica di sano orgoglio municipalistico, dovrebbe andare fiero del fatto che un concittadino sia stato scelto per rappresentarne (almeno potenzial-mente) le istanze nell’importante consesso della Regione Liguria. Non si può certo pretendere da chi ha convinzioni politiche difformi od opposte di sostenere con il voto un uomo convintamente schierato su posizioni di centrodestra. Ma si può e si deve dare atto a Cevasco di avere il coraggio delle proprie idee spesso e volentieri controcorrente, come pure di essersi messo in gioco, accettando una sfida difficile e ardita, cimentandosi in prima persona e senza contare su truppe cammellate o su appoggi altolocati e ammiccanti.
Il PD del levante geno-vese articola la sua proposta elettorale tra l’ex assessore diessina Roberta Morgano (bersaniana) e l’ex assessore cattolico-popolare Sergio “Pip-po” Rossetti (franceschiniano). Morgano, che si definisce «bavarese d’adozione» per il legame stretto nell’ultimo decennio con il paese che fa da spartiacque tra la Val Bisagno e la Valle Sturla, è certamente persona che merita profonda considerazione da parte di tutto quel cospicuo corpo elettorale (stimabile attorno al 65%) che nella delegazione si schiera abitualmente con il centrosinistra. La sua costante attenzione ai problemi e ai bisogni locali ha dimostrato a chiare lettere che la fiducia riposta in lei dai responsabili della Quercia prima e del PD poi non è stata tradita. Il Partito Democratico, tuttavia, risente a tutt’oggi di una seria difficoltà nell’assumere la rappresentanza non solo dell’area tipicamente di sinistra, ma anche di quella, non irrilevante, del cattolicesimo democratico e sociale. La sconfitta di Dario Franceschini alle primarie ha nuovamente messo in luce le difficoltà dei moderati all’interno della creatura voluta da Romano Prodi. È quindi abbastanza chiaro come la competizione elettorale veda il fronteggiarsi non solo dei due poli maggiori, ma – nel nostro caso – anche degli esponenti delle due culture che sostanziano il partito che contende al PDL la maggioranza relativa dei voti dei liguri. Ci aspettiamo dunque, qui a Levante, un appassionante braccio di ferro tra Morgano e Rossetti.
Stando agli ultimi sondaggi, il numero degli indecisi appare, a poche settimane dal voto, decisamente elevato. Il dato parla da sé. L’impoliticità diffusa va di pari passo con il diffondersi a macchia d’olio di atteggiamenti ispirati a qualunquismo e indifferenza. Noi crediamo che valga la pena di non mancare all’appuntamento con il voto in primo luogo perché esso è un diritto faticosamente conquistato. In seconda istanza, le elezioni regionali hanno dirette implicazioni sul piano locale: la Regione, a differenza di Municipi, Province e Comuni, non si limita a emanare norme e regolamenti, ma è organo legiferante: il Consiglio Regionale equivale – a tutti gli effetti – a un miniparlamento. Ciascun cittadino, senza eccezioni, deve dunque sentirsi chiamato a eleggervi chi lo possa idealmente e concretamente rappresentare. E deve altresì pretendere perlomeno due cose: primo, chiarezza e coerenza nei programmi e nelle proposte; secondo, la possibilità di un frequente e costante rapporto di comunicazione fra il candidato eletto e la società civile che lo esprime e che gli ha affidato il mandato.
La buona politica comincia di qui: trasparenza e informazione. Facciamone, tutti, buon uso.