Sono trascorsi meno di due mesi dalla messa in rete del sito internet del Drago Buono e appena tre giorni dall’uscita della sua rinnovata edizione cartacea (nel nostro slang redazionale, il “Dragoweb” e il “Dragopress”), e, fuori del coro dei moltissimi apprezzamenti e incoraggiamenti, dobbiamo registrare pure qualche critica, in ordine, soprattutto, alla linea politica del giornale. Ora, dico un’ovvietà con l’affermare che la critica è cosa buona e giusta solo se costruttiva.
L’accusa di fare del giornalismo di taglio qualunquista è, però, solennemente campata per aria. Il Drago Buono racconta fatti e li commenta limitatamente a come essi gli appaiono. Ci sarà sempre tempo, modo e spazio per ritornare su un argomento, approfondirlo, fare più luce, magari con l’ausilio dei lettori. Qualunquismo significa omologazione, banalizzazione, volgarizzazione, talora persino falsificazione. Non è mai stato nostro costume né nostro abito mentale.
Non possiamo nemmeno accettare l’accusa ingenerosa di parzialità o partigianeria. Ricordo bene i rimbrotti che, anni fa, ricevevamo da destra: il nostro capo di imputazione era di fornicare con la sinistra. Ultimamente questo copione va in scena a parti invertite: è parso a qualcuno che il Drago Buono si sia messo a suonare il piffero per il centrodestra. È un’impressione sbagliata e fuorviante. Il nostro giornale non organizza alcuna claque e non spara bordate di fischi ai danni di chicchessia. Mai abbiamo esposto le nostre osservazioni venendo meno al doveroso rispetto per le persone e per le istituzioni.
La nostra coerenza non è di tipo politico, bensì di natura sociale: al di là dei partiti, dei loro uomini, dei loro statuti e programmi, la mission del Drago Buono è – non da avant’ieri ma da quasi un decennio - quella di promuovere la realtà locale in cui ci troviamo a vivere e di favorire la maturazione della coscienza civica e la crescita del senso comunitario dei cittadini. La nostra stima per tutti gli attivi protagonisti della vita civile (sociale e politica) del territorio – per chi opera con uno scopo non solo grettamente individualistico – è fuori discussione, e a dimostrarlo stanno proprio le pagine del “Drago”: quelle digitali così come quelle stampate.
Il mio modesto ruolo di direttore di questo organo di informazione, insieme a quello di dirigente territoriale Acli, mi impedisce di accettare l’invito – già altre volte rivoltomi – a fare ingresso e soprattutto a militare in una qualsivoglia formazione politica. La stessa cosa vale per gli altri amici che mi affiancano in redazione. Il Drago Buono non è un giornale di partito: non fa propaganda elettorale e non offre al lettore chiavi di lettura politically correct. È indipendente: pubblica la notizia, svolge una riflessione, stimola il dibattito. Nientemeno e niente più. Il resto – quello sì! – è compito della politica, non già della libera stampa. Chiedo scusa se ho tediato.